Proprio oggi, 14 agosto, ricorre l'anniversario del martirio degli 800 cristiani di Otranto, avvenuto nel 1480.
Nei giorni scorsi ho visitato nuovamente la basilica di Otranto, e grande è stata l'emozione nel vedere le teche che contengono i resti di questi martiri.
Ma cosa successe esattamente? E soprattutto, può questa vicenda parlare all'uomo dei giorni nostri?
La storia
Questo è il racconto della vicenda (tratto da Wikipedia).
Il 28 luglio 1480 si presentò sotto le mura di Otranto una flotta turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II, proveniente da Valona, forte di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati.
La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 2.000 abitanti non poté opporsi a lungo. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini.
Quando Gedik Ahmet Pascià, il comandante dei Turchi, chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello.
I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli.
Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città.
Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo.
A capo degli Otrantini - che il 12 agosto si erano opposti alla conversione all'Islam - era anche il vecchio sarto Antonio Pezzulla, detto Il Primaldo.
Il 14 agosto Gedik Ahmet Pascià fece legare i superstiti e li fece trascinare sul vicino colle della Minerva, dove ne fece decapitare almeno 800, costringendo i parenti ad assistere alle esecuzioni. Il primo a essere decapitato fu Antonio Primaldo. La tradizione tramanda che il suo corpo, dopo la decapitazione, restò ritto in piedi, a dispetto degli sforzi dei carnefici per abbatterlo, sin quando l'ultimo degli Otrantini non fu martirizzato.
Durante quel massacro le cronache raccontano che un turco, tal Berlabei (o Barbelei), si convertì nel vedere il modo in cui gli otrantini morivano per la loro fede e subì anche lui il martirio, impalato dai suoi stessi compagni d'arme. La leggenda popolare ricorda anche Idrusa, unica donna a essere martirizzata.
La cattedrale, oggi
I resti dei martiri idruntini riposano nella basilica cattedrale di Otranto.
Si tratta di una bella e austera chiesa di stile normanno, che fonde diversi stili architettonici: bizantino, romanico, paleocristiano.
La basilica si compone di tre navate, al termine della navata di destra si trova la cripta che contiene i resti dei martiri idruntini, in grandi teche.
Al centro della cripta sorge l'altare che custodisce la pietra sulla quale secondo la tradizione vennero decapitati i martini.
Altro elemento molto suggestivo della cattedrale è il magnfico pavimento istoriato a mosaico, opera dal monaco basiliano Pantaleone, tra il 1163 ed 1165.
Questo grande mosaico raffigura scene dell'antico testamento, cicli cavallereschi e bestiari medievali, con rappresentazione di animali fantastici.
E' davvero magnifico, ed è stato pubblicato un bel sito da parte dell'Arcidiocesi di Otranto che lo illustra nel dettaglio:
Martire, dal greco "testimone"
Lasciando da parte per un momento le note storiche e turistiche, e anche un po' truculente, tornando alla vicenda dei martiri: cosa ci dice la loro storia oggi, A.D. 2024 ?
E' chiaro che parliamo di vicende lontane nel tempo, che in apparenza non si ripresenteranno e che quindi classifichiamo facilmente come fatti "di tempi che furono".
(Nella realtà non dimentichiamo che vi sono posti nel mondo dove gli attacchi ai cristiani, anche massivi, avvengono tutt'ora: se non sono in Europa non vuol dire che non esistano più).
Vorrei però soffermarmi su un altro aspetto, più profondo e che probabilmente parla alla nostra conoscenza.
Quegli 800 martiri accettarono di morire piuttosto che abiurare la loro fede in Cristo.
Mi chiedo: come mi trovo (e ti trovi) di fronte a questo fatto? Cosa farei (e cosa faresti) in una situazione simile? Forse qualcuno è ancora disponibile a morire per la fede? O ormai la fede è relegata al margine delle nostre vite, iper-tecnologiche e legate esclusivamente alla sfera dell'immanente (cioè di ciò che possiamo toccare e percepire con i nostri sensi)?
E andando oltre ai ragionamenti di fede, che forse oggi interessano una piccola frangia (resto) della società, ci sono valori per i quali vale la pena di morire?
Pensi che ci sia un valore per il quale sia necessario restare saldi, anche a costo della propria vita?
Oppure ormai tutto è negoziabile e rinnegabile all'occorenza? in una parola, fluido?
Credo che la storia dei martiri d'Otranto sia posta come testimonianza di fronte alle nostre vite.
Del resto "martire" (dal latino martyr -y̆ris; dal greco μάρτυς) significa "testimone".
Dove:
Cattedrale di Otranto
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